Benvenuto nel sito

Sospsiche.it è un portale attivato dal 1 settembre 1995, rinnovato completamente nell'anno 2015. I contenuti di questo sito sono gestiti e aggiornati da familiari, volontari e cittadini di associazioni federate con la FI.SA.M,

Le associazioni federate  FI.SA.M, sono  apartitiche, aconfessionali, senza scopo di lucro, formate prevalentemente da familiari ed anche da volontari, che si sono uniti per creare le condizioni necessarie ad una idonea assistenza ai malati e alle loro famiglie, attraverso una corretta informazione e prevenzione delle malattie mentali.

Il Comitato organizza i contenuti del sito e si batte per migliorare le strutture ed i servizi, denunciando l'esistenza di una situazione drammatica nella quale ormai versano da anni i pazienti e le loro famiglie.

 Collabora con altre associazioni e mantiene rapporti con organizzazioni nazionali e con alcune organizzazioni  internazionali per lo scambio di esperienze e documenti sulla salute mentale.

I disturbi mentali

I disturbi mentali (comunemente conosciuti come malattie mentali) colpiscono circa il 3 per cento della popolazione. Ci riguardano molto da vicino per il personale coinvolgimento di un nostro congiunto ed interessano tutti perchè la salute mentale è un bene collettivo da tutelare.

I costi di una scadente assistenza psichiatrica si riversano inevitabilmente con costi crescenti sulla nostra società; l'avvio di nuove strutture consentirebbe di offrire trattamento agli utenti, fare della prevenzione e ridurre le spese sanitarie.

Finalità del sito

Informare correttamente sulle malattie mentali e sulla loro prevenzione Promuovere la cultura e il rispetto del malato e della famiglia Informare e sensibilizzare l'opinione pubblica, i mass-media, gli Enti preposti, gli Amministratori pubblici e gli operatori del settore; Migliorare i servizi esistenti ed operare per crearne altri;

Promuovere iniziative e progetti concreti e ottenere una normativa nazionale che sia chiara e precisa, in cui sia prevista la responsabilità diretta di Enti, Amministratori ed Operatori per la salute mentale; Ottenere Centri Diurni efficienti per attività occupazionali ed espressive, Comunità di accoglienza riabilitative e protette; Ottenere una risposta certa e tempestiva dei servizi pubblici nel momento di crisi-emergenza psichiatrica.

Stato dei servizi psichiatrici in Italia

 La situazione dei servizi italiani è palesemente insufficiente; sono presenti circa 1400 servizi di cui il 48 per cento è costituito da ambulatori (che sono solo dei "dispensatori" di farmaci), il 21 per cento dal SOPDC (Servizi Ospedalieri per la diagnosi e la cura) utili solo in caso di emergenza e per pochi giorni e il 13 per cento da strutture tradizionali (manicomi, cliniche universitarie, case di cura).

Il 20 per cento delle Usl italiane è sprovvista di Centri di Salute Mentale (CSM). Il 45 per cento dei CSM sono nettamente inferiori alla media per caratteristiche ed efficienza.

Nel passato si contavano 87 ospedali psichiatrici in fase di superamento dal 1997 (manicomi) che ospitano circa 20.000 malati mentali. La situazione è migliore al Nord, che ospita gran parte delle associazioni di famigliari impegnate nel settore, mentre al sud e al Centro il disagio cresce notevolmente.

A partire dal 1978, anno in cui fu varata la legge 180, i pazienti sono stati letteralmente scaricati in famiglia, in assenza di servizi efficienti, come le cifre aggiornate al 1995 lo dimostrano. E le famiglie sono spesso impotenti ed incapaci nell'affrontare un paziente mentale che crea grossi problemi: economici, giuridici, assistenziali e sanitari. Molte case si sono trasformate in un vero e proprio manicomio.

Ci si chiede allora quali siano questi problemi, dato che fino ad oggi si è fatta molta disinformazione. Molti "media" contribuiscono a dare una immagine di disagio sociale e non di vera e propria malattia, in contrasto con i recenti sviluppi della ricerca e delle neuroscienze. Si parla molto poco di malattia mentale o si cerca di nasconderla sotto un semplice disturbo psichico fornendo una visione distorta di quella che è una vera e propria - spesso grave - malattia.

La legge 180 ha giustamente abbattuto l'istituzione manicomiale - ottenendo di fatto un successo solo parziale - ma ha dato il via libera ai pazienti, compresi quelli potenzialmente pericolosi. Molti oggi affermano che le tragiche situazioni che ricadono sui pazienti dipendono in larga parte dalla mancanza di strutture; questo è vero ma è altrettanto vero che a promulgare la legge furono gli stessi psichiatri. Questa fu una legge caratterizzata dalla fretta e come tutte le cose fatte di corsa, non temprate cioé dalla ragione e dal buon senso, non è ha dato indicazioni precise sulle strutture da attuare e molti psichiatri, accecati dall'ideologia, hanno volutamente ignorato la drammatica situazione che si sarebbe venuta a creare negli anni seguenti.

Questa legge centra infatti tutti gli interventi sul consenso del paziente, che spesso viene meno in quanto l'organo deputato a prendere delle decisioni circa la volontà di sottoporsi ad un trattamento è lo stesso organo che in effetti è malato, ovvero il cervello. Queste sfaccettature della malattia mentale erano certamente conosciute dagli esponenti di Psichiatria Democratica, quella associazione notoriamene legata ai movimenti di sinistra che in piena promulgazione della legge negavano l'esistenza della malattia.

Dei pazienti non si parla quasi mai; in pratica viene ignorato il loro diritto ad essere recuperati (per quanto possibile) ad una vita vivibile e dignitosa. Solo di rado si scrive qualcosa dell'immane sforzo delle famiglie e degli "homeless" italiani, abbandonati in strada e diventati barboni. Ma ci sono anche dei medici psichiatri che sostengono la libera associazione tra pazienti, come se questi - salvo pochi casi di persone affette da lievi forme - fossero capaci di aggregarsi ed autotutelarsi.

In assenza di cure e di servizi - un vuoto sanitario ed assistenziale che si trascina ormai da 17 anni - i pazienti sono divenuti cronici ed hanno creato gravi problemi a sè stessi e alle loro famiglie. Per descrivere questa situazione non ci sono dati certi se non l'incidenza della malattia mentale: i sofferenti ammontano ad oltre l' 1,5 per cento dei cittadini. La sola schizofrenia - che è la più grave delle malattie mentali - conta un piccolo esercito di almeno 500.000 persone, di cui la metà versa in pessime situazioni psichiche ed anche fisiche. Si tratta di un dramma che, proporzionato ai pazienti sofferendi di sclerosi multipla, è almeno 7-10 volte maggiore. Ma non se ne parla mai, nè si organizzano del Telethon per raccogliere fondi, nè ci si mobilita come per una balena agonizzante su una spiaggia.

Pazienti e famiglie emergono dal nulla solo quando la cronaca nera li trasforma nei protagonisti degli "atti di ordinaria follia"; situazioni che colpiscono la fantasia dei cittadini e che riguardano casi limite: segregazione, suicidio o atti incolsulti. In genere la stampa contribuisce poco a dare spazio alle famiglie e molte di queste non vogliono uscire allo scoperto, preferendo soffrire in silenzio a causa di sentimenti di vergogna, contribuendo ad indebolire ulteriormente il fronte di chi avrebbe interesse a rivendicare servizi e strutture migliori.

Uno studio dell'associazione dei famigliari NAMI ha dimostrato che negli Stati Uniti - dove il percorso di deistituzionalizzazione si è rivelato una catastrofe come in Italia - il 38 per cento delle famiglie "ha subìto comportamenti aggressivi e distruttivi presso l'abitazione più o meno di frequente". Nel 1990 una seconda ricerca di NAMI ha portato alla conclusione che "il 10.6 percento dei malati mentali più gravi ha fisicamente danneggiato altre persone e che un altro 12.2 per cento ha espresso minacce". Altri studi hanno dimostrato che il 27 per cento dei pazienti psichiatrici dimessi dagli ospedali hanno commesso atti violenti nei primi quattro mesi seguenti la dimissione.

Probabilmente sono necessari studi più accurati per indagare su questo fenomeno che è molto preoccupante per le famiglie. A causa di questi comportamenti alcune famiglie vivono letteralmente in uno speciale girone infernale: terrore, paura, angoscia, difficoltà quotidiane. Tra i parenti c'è chi è costretto a nascondere tutti gli oggetti contundenti, i coltelli, ecc. oppure a vivere barricato chiudendosi perennemente a chiave nella propria stanza.

Appare chiaro che la situazione italiana - fatta di gravi carenze - non può che essere simile o peggiore di quella americana e ciò ci consente di poter prendere tali dati come riferimento.

I cittadini che pensano che la malattia mentale sia un problema delle sole famiglie commettono un grave errore perch le conseguenze della negazione della cura si riflettono sulla società con costi sempre più crescenti. D'altro canto la maggior parte dei soggetti ammalati vivono nella comunità e quindi il problema della violenza scavalca le mura di casa.

Da questi studi non deve emergere una immagine di pericolosità insita nella malattia mentale (pena la criminalizzazione di una intera categoria), ma una necessità impellente ed urgente di creare strutture per i pazienti più gravi. Proprio questi pazienti, paradossalmente, sono le prime vittime di questa vergognosa e drammatica situazione. Per molti anni, infatti, gli interventi sono stati indirizzati ad iniziative spesso detestabili; ad es. negli Usa dove alcuni Centri hanno organizzato delle squadre di tennis - ipoteticamente composte da pazienti mentali - per poi costruire campi da gioco con il denaro stanziato per la salute mentale. Il tutto mentre i malati più gravi dormivano sotto i ponti. Analoghe situazioni ci sono anche in Italia; ad esemio la Usl Triestina - nota per i "servizi modello" per la salute mentale - anni fa acquistò un albergo ad Acapulco ed organizzò mega-convegni ospitando psichiatri venuti da tutto il mondo, mentre nelle altre zone del Friuli Venezia Giulia si continua tutt'ora a soffrire disperatamente della mancanza di servizio per l'emergenza psichiatrica.

La mancanza di una legislazione idonea ha negato le stesse ai pazienti più gravi, provocato un peggioramento delle condizioni psichiatriche di una buona parte dei pazienti, che sono quindi diventati aggressivi e potenzialmente pericolosi. Queste persone gravano con crescenti costi su tutta la società e, se fossero avviate delle strutture idonee per la loro cura e riabilitazione, i costi sicuramente sarebbero inferiori a quelli sostenuti per la loro istituzionalizzazione o per le previdenze di carattere socio-assistenziale.

Accanto al dato di pericolosità verso gli altri, c'è anche quello di pericolosità verso se stessi, ovvero nella incapacità di provvedere con efficacia ai bisogni quotidiani della vita. Almeno il 25-30 per cento dei pazienti schizofrenici rientrano in questa categoria, senza contare poi gli affetti da depressione o da altre patologie psichiatriche che altrettanto gravi. Con una incidenza del 7 per mille, possiamo tranquillamente contare almeno 200.000 pazienti schizofrenici assistiti in famiglia, in precarie condizioni mentali, senza alcun presidio di salute mentale, senza alcuna garanzia di cura e di riabilitazione.

Ignorando questi delicati ed importanti aspetti, si continua ad affermare che la legge 180 è una buona legge, estromettendo il parere dei famigliari che paradossalmente devono affrontare in solitudine queste gravi situazioni. Alcuni psichiatri infatti concordano che il parere di chi vive insieme ad un paziente mentale "è alterato emotivamente" e non può essere preso in considerazione.

Insomma, la legge 180 ha distrutto giustamente il manicomio, ma ingiustamente non ha creato: non ha imposto, finanziato o controllato per lungo tempo l'evolversi della situazione. Non rispondendo alle reali necessità dei pazienti e delle famiglie e non offrendo dei validi presupposti per l'attuazione, non può essere considerata una buona legge. Ogni provvedimento legislativo non va valutato per le buone intenzioni insite o per ciò che prevede, ma solo sulla base dei dati emergenti dalla realtà che si viene a creare.

Ancora oggi sentiamo affermare che "fu un grande atto rivoluzionario" e che "tutte le rivoluzioni vogliono i loro morti" o che "è stata una grande sperimentazione di massa". La triste fama che l'italia si è procurata all'estero offre una valida risposta a queste dichiarazioni mortificanti e senza senso, irrispettose dei pazienti che hanno pagato in prima persona la mancanza di tutto, fatta salva la garanzia di morire per strada. "Abbandono" è una parola conosciuta tra gli psichiatri Inglesi quanto "pizza" e "spaghetti"; il Dott. F. Torrey, autore di Surviving Schizophrenia (1995), best-seller negli Stati Uniti ha affermato che l'esperienza di deistituzionalizzazione in Italia "è stato un esperimento di fallimento massiccio".

Dopo "anni di sperimentazione" nessuno ha osato replicare il disegno di legge e il modello antipsichiatrico italiano, nonostante dal 1980 siano cambiate diverse legislazioni europee. Tutto ciò deve indurre ad una attenta riflessione ed alla conclusione che la nostra società deve farsi carico di una categoria così debole e vulnerabile. SOS PSICHE infatti si batte per ottenere al più presto i servizi psichiatrici per l'emergenza, le comunità protette e le strutture riabilitative, nonchè una legislazione più precisa capace di attribuire precise responsabilità ad operatori e politici inadempienti che spesso si nascondono dietro l'emotività dei famigliari o la sdrammatizzazione o minimizzazione della malattia per evitare di intervenire.